giovedì, settembre 13, 2007


Blocher, Roschacher e i complotti

Non vi sono ragioni che giustifichino l’uscita di Christoph Blocher dal Consiglio federale. Le turbolenze di questi giorni sono dovute all’uso di metodi e strumenti impropri nel confronto politico, che purtroppo anche in Svizzera tende sempre più spesso a degenerare.
Il nostro Paese dovrebbe essere un modello di democrazia consensuale. Da tempo non lo è più. Non perché vi sia una polarizzazione politica – di per sé normale e anche salutare in un sistema proporzionale – ma perché nel quadro di questa polarizzazione il confronto delle idee, utile al progresso della società, viene spesso sostituito dallo scontro e dall’attacco personale. Contro un politico profilato, scomodo, dotato di una forte personalità e di non comuni capacità di comunicare e di ottenere consenso presso i cittadini, si utilizzano la delegittimazione, la denigrazione, la strumentalizzazione. E paradossalmente da parte di chi, a parole, lancia appelli al dialogo, alla moderazione, al rispetto delle forme e delle procedure.
Blocher è un politico molto profilato. Le sue idee piacciono molto a una parte degli svizzeri, non piacciono per niente ad un’altra parte della popolazione, men che meno ai media in generale, fatte salve poche eccezioni. Non lasciano comunque nessuno indifferente. In Consiglio federale il ministro della giustizia ha ottenuto importanti successi, probabilmente inattesi dai suoi avversari politici, soprattutto nell’ambito della politica d’asilo. Ha dimostrato capacità di governare anche all’interno della formula magica, che sembrava poco adatta alle sue caratteristiche.
Questo spiega il ricorso dei suoi avversari e concorrenti ad armi improprie. Nell’imminenza delle elezioni federali dell’autunno e della successiva (ri)elezione dei consiglieri federali da parte dell’Assemblea, Blocher è oggetto di una polemica senza precedenti. Le divergenze a suo tempo sorte tra il ministro dell’UDC e l’ex procuratore federale Valentin Roschacher sono state strumentalizzate con scarso rispetto per la verità dei fatti.
Nella polemica è entrata pesantemente anche la Sottocommissione della Gestione del Consiglio nazionale. Il grande interesse dei media non aiuta a riportare lo scontro sui binari di un dibattito condotto civilmente e sta determinando pericolosi conflitti incrociati fra i tre poteri (esecutivo, legislativo, giudiziario) e all’interno di essi. Le posizioni sono oramai irrigidite e ogni nuovo dettaglio viene usato per irrigidirle ancor più.
Questo e altri casi evidenziano come sia sempre più problematico il modo in cui i legislativi interpretano il ruolo di autorità di alta vigilanza. Mette a disagio vedere parlamentari di milizia abbandonare il loro compito fondamentale (emanare leggi) per vestire i panni giudiziari di chi verifica l’applicazione delle leggi. Quando i deputati fanno i “magistrati” inquirenti, con inchieste o comunque accertamenti sugli altri due poteri, inquietarsi è più che giustificato: è difficile per il cittadino distinguere ciò che è accertamento oggettivo disinteressato da ciò che è gioco di potere e scontro partitico o personale. Anche perché i commissari rimproverano al ministro della giustizia (violazione del principio della separazione dei poteri e dell’indipendenza del magistrato) ciò che poi essi stessi fanno nei confronti ad esempio del Tribunale penale federale, interpretando in modo molto ampio il concetto di alta sorveglianza.
Nel “caso Roschacher” vi sono state probabilmente lacune, sviste e anche qualche forzatura (a cominciare dal comportamento dello stesso procuratore dimessosi nel luglio dell’anno scorso). La legislazione poco precisa in materia non ha aiutato a risolvere i problemi. Non vi sono tuttavia elementi tali da giustificare quanto sta accadendo sul piano dello scontro politico-istituzionale.
Purtroppo, anziché abbassare i toni, come giustamente è stato auspicato, si continua a gettare benzina sul fuoco. L’esame dei fatti interessa a pochi; il senso delle proporzioni viene smarrito.
Parlare di complotto ai danni dell’ex procuratore è una drammatizzazione da fantapolitica: Roschacher non è stato licenziato dal ministro della giustizia, né dal Consiglio federale, ma si è dimesso. Del resto aveva già avuto dissapori con il precedente ministro Ruth Metzler, il che è pur significativo. Richiamare gli anni del fascismo, come ha fatto il consigliere federale Pascal Couchepin, è veramente fuori posto: lo ha opportunamente rilevato la presidente del Consiglio nazionale Christine Egerszegi.
Restare ai fatti, rifiutare i teoremi e le strumentalizzazioni, non lasciarsi condizionare dalle emozioni né dai pregiudizi né dai media, opporsi fermamente ai metodi forcaioli dei due pesi e delle due misure: sarebbe un gran bel passo avanti se il confronto politico riuscisse a rientrare e restare entro questi paletti di civiltà.

Marina Masoni

Settembre 2007

2 commenti:

Scorretto ha detto...

Che donna! ;-)

Old Whig ha detto...

Complimenti per il blog! Ho ascoltato il discorso sulla libertà del filmato "Avete detto libertà?" e l'ho trovato molto interessante. Oltre che condivisibile.

Saluti occidentali