mercoledì, maggio 16, 2007

Siamo proprio messi male

Paziente islamica a Mendrisio. C’era da aspettarsi che prima o poi qualcosa di simile sarebbe accaduto. All’ospedale di Mendrisio, una paziente islamica di stretta osservanza è stata collocata in una camera doppia assieme ad una degente ticinese.

Risultato: il marito della paziente ticinese non poteva visitare la moglie se prima la compagna di stanza non si era messa il burqa.

Ciò significa che, ogni volta che l’uomo voleva entrare nella camera della moglie, un’infermiera doveva essere mandata in avanscoperta ad avvisare la signora musulmana affinché questa si mettesse il burqa. Idem nel caso in cui un medico doveva entrare nella camera doppia occupata dalla due donne.

L’alternativa che aveva la paziente ticinese per incontrare il marito era di uscire lei stessa dalla stanza.

Le reazioni del marito della signora ticinese, raccolte venerdì dai media elettronici, non sembravano delle più entusiaste. Secondo la versione dell’ospedale, la paziente ticinese era stata informata della situazione ed aveva dato il proprio assenso, e il personale sanitario non avrebbe mai impedito (e ci sarebbe mancato altro, aggiungiamo noi) al marito ticinese di visitare la moglie. Ci crediamo, ma non è questo il punto.

Il punto è che ancora una volta, invece di essere stata la coppia islamica, che è ospite in casa nostra, ad adattarsi alle nostre regole, è successo l’esatto contrario. Questo è inaccettabile. Da chi proviene da un’altra cultura e intende vivere in Ticino pretendiamo, e ripetiamo: pretendiamo, che si adegui senza tante storie a quelle che sono le nostre regole. Se non sono d’accordo, queste persone provenienti da altre culture non hanno che da tornare nei rispettivi paesi d’origine; dove la “tolleranza” nei confronti delle usanze occidentali si esprime solitamente a suon di bombe. Punto.

Invece, ancora una volta, si pretende che lo sforzo d’integrazione venga fatto a senso unico: ovviamente, solo da noi.

Ci chiediamo cosa sarebbe accaduto se la signora ticinese non avesse dato il proprio assenso alla sistemazione della paziente di stretta osservanza musulmana nella sua camera. Quali espedienti, ovviamente a spese dei contribuenti, sarebbero stati presi per garantire al marito islamico che sua moglie portasse il burqa davanti a qualsiasi altro uomo all’infuori di lui?

Qui sta l’errore: alla coppia islamica si sarebbe dovuto imporre il rispetto delle regole della normale convivenza ospedaliera. Come prima dimostrazione di volontà d’integrazione, il marito musulmano avrebbe dovuto accettare che, in una situazione particolare come un ricovero in ospedale, anche altri uomini – personale sanitario, marito della compagna di stanza – potessero vedere il viso (semmai le braccia, mica di più!) della moglie che spuntava dalle lenzuola. Magari col capo coperto da un foulard, ciò che, come assicurano gli esperti, costituisce comunque una corretta interpretazione dei dettami del Corano.

Ma è evidente che in certe persone, pur vivendo in Ticino, la volontà d’integrazione è inesistente.

Se non siamo in grado di imporre a cittadini stranieri, che sono ospiti in casa nostra, neppure uno standard minimo come quello indicato sopra, vuol dire che siamo davvero messi male.

Lorenzo Quadri-Il Mattino- Genseriko- politicamentescorretto

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