lunedì, maggio 07, 2007

Sarkozy e il progetto atlantico
di Maurizio Blondet

Nicolas Sarkozy festeggia: intanto l'American Jewish Committee si dichiara soddisfatto di questa vittoria «per la sensibilità del nuovo presidente alle minaccie affrontate da Israele».

PARIGI - Troppi lettori mi chiedono un commento a caldo sulla vittoria di Sarkozy.
Ma che fretta c'è?
I francesi, e noi europei, avremo Sarkozy per dieci anni.
E come presidente, Sarkozy guiderà per dieci anni la politica estera francese.
Com'è noto, è figlio di un ungherese e di una ebrea di Salonicco, di una famiglia «convertita» al cattolicesimo, quasi certamente dunmeh.
In questi ultimi anni Sarkozy è stato ospite fisso dell'American Enterprise Institute, la centrale dei neocon: Richard Perle, John Bolton, Paul Wolfowitz, Michael Leeden e gli altri guerrieri per Israele, promotori dell'invasione di Iraq e Afghanistan.
Anche se ora questa «politica» unilateralista e aggressiva us-realiana è in stallo, il meno che si possa dire è che gli israeliani dell'AEI hanno trovato un alleato, freddo, razionale e sicuro.
La Francia, titolare della sola forza armata decente in Europa, diventa - e per un decennio - una colonna della politica likudnik, quale mai era stata.
E in questo si aggiunge alla Germania della Merkel.
La Merkel ha adesso un alleato nel suo più ambizioso progetto: la «partnership transatlantica», che è la formazione del mercato comune euro-americano, e che Angela Merkel ha proclamato fin dal suo primo giorno di presidenza europea.
Questo progetto avanza rapidamente, all'insaputa delle opinioni pubbliche.
Il 30 aprile, a Washington, un vertice euro-americano passato sotto silenzio dai media, s'è accordato per realizzare (secondo la BBC) «la convergenza normativa in quaranta aree, tra cui la proprietà intellettuale, i servizi finanziari, le scalate, le fusioni aziendali, l'industria automobilistica». (1)
Non sfuggirà la pericolosità di questa occulta convergenza per la salute pubblica: basta citare gli OGM, i cibi geneticamente modificati, che le norme europee (faticosamente) hanno bloccato, mentre sono liberi in USA.
Con assoluta certezza, in questo campo la «convergenza» avverrà nel senso voluto da Monsanto, la massima produttrice di OGM.
Più in generale tutte le norme alimentari e farmacologiche, che in USA sono abbandonate al profitto, saranno estese alla UE.
D'altra parte le leggi liberticide contro la libertà d'espressione, che sono tipicamente europee (leggi Mastella e Mancino, legge Gayssot e così via), saranno estese agli Stati Uniti secondo gli ordini della nota lobby.
Bisogna dire che questo progetto non è propriamente dei neocon (quelli hanno in testa solo Israele), ma è stato piuttosto elaborato dalla vecchia guardia tecnocratica, i «realisti», come tappa verso il governo mondiale.
Risale infatti al 1974 il saggio di Richard Gardner, uomo del Council on Foreign Relations, dal titolo «The hard road to World Order» (la difficile strada verso l'Ordine Mondiale), pubblicato su Foreign Affairs, la rivista del CFR.
In questo saggio Gardner (Dipartimento di Stato) criticava coloro che volevano un «governo mondiale istantaneo» (instant world government), perché esso avrebbe incontrato l'ostilità e la resistenza delle popolazioni.
Invece, Gardner caldeggiava un approccio meno visibile e più graduale.
«La casa dell'ordine mondiale», scriveva, «sembrerà una 'confusione scoppiettante e ronzante', per usare le parole con cui William James descrisse la realtà; ma il risultato finale sarà l'aggiramento delle sovranità nazionali, che le eroderà pezzo per pezzo; così si otterrà molto di più che con il vecchio attacco frontale».
E' il metodo occulto usato da Jean Monnet nel dopoguerra per formare il mercato comune europeo e poi la UE, completa di deliberato «deficit di democrazia» e assopimento comatoso dello spirito civile europeo.
Gardner proponeva di estendere questo metodo soporifero agli Stati Uniti.
Il progetto ha conosciuto battute d'arresto.
Fra cui quella, inattesa, della Thatcher, e la perdita di autorità USA provocata da Bush figlio, coi sospetti e le ostilità che ha suscitato in Europa il suo unilateralismo avventurista.
Ma senza dubbio, De Gaulle pose i più efficaci ostacoli a questa trama, e lo stesso ha fatto il più mediocre Chirac.
La Francia è sempre stata un ostacolo incalcolabile a questa convergenza: da ultimo, col referendum che ha bocciato la soid-disant «costituzione europea».
Adesso, con Sarkozy, non lo sarà più.
Infatti, dall'altra parte dell'Atlantico il NAFTA, il mercato comune USA-Messico-Canada, è passato alla fase ulteriore, rinominata NAU, «North American Union», embrione del governo unico nordamericano che sequestrerà le sovranità (o quel che ne resta) dei due Paesi minori a vantaggio non già della sovranità americana, ma di quella del business.
Fa parte del progetto occulto lo smembramento in regioni, entità sub-politiche e clientelari, incapaci di concepire o aspirare alla sovranità.
Come disse Brzezinski, caporione del Council on Foreign Relations rivolto a Gorbachev, l'ottobre 1995, al Forum sullo stato del Mondo: «La pre-condizione per la globalizzazione finale è la regionalizzazione progressiva, perché è da lì che si può muovere verso unità più grandi, più stabili, più cooperative».
Anche Brzezinski, come Gardner, disse: «Non possiamo balzare nel governo mondiale con un solo balzo».
Parlava, come detto, a Gorbachev.
Che era d'accordo (forse ricorderete: ripeteva pii fraseggi che gli erano stati suggeriti sulla «casa comune europea dall'Atlantico agli Urali».
Putin è d'altra pasta, e ciò induce a prevedere che l'asse Sarkozy-Merkel, filo-americano o meglio sub-americano, porterà l'Europa al rigelo con Mosca, appoggiando le situazioni conflittuali già create dagli USA con i missili che vuol piazzare in Polonia e Cekia.
L'alleanza franco-tedesca americanista trasformerà le esigenze dettate dal business USA alla Commissione Europea; questa trasformerà i desiderata di Monsanto e della lobby in «direttive»; i nostri governi servili le ratificheranno una ad una, facendole diventare «leggi dello Stato».
Il metodo è collaudato, e non ha mai svegliato i cittadini, sempre più soddisfatti di perdere la loro indipendenza e diventare «amministrati».
La nostra dipendenza dagli USA diverrà definitiva.
E Sarkozy avrà un decennio per elaborare il progetto transatlantico.

C'è qualche speranza che il progetto venga sventato?

Se c'è, è nella forza delle cose - il destino manifesto dell'Europa non è più atlantico, ma porta ad Est - e, forse, a Putin.
Può sembrare poco.
Ma William Pfaff, da noi spesso citato, ha invitato a non sopravvalutare la forza né la «personalità» di Sarkozy: egli - ha scritto - «è una figura balzachiana, l'avventuriero divorato dall'ambizione che si fa strada nel mondo e a forza di attivismo e instancabile energia arriva all'orlo del successo sognato. Egli può essere uomo di destra o uomo di sinistra: ciò a cui è fedele è il successo». (2)
Insomma, è una sub-personalità, un opportunista.
Se Pfaff ha visto giusto, Sarkozy non è l'uomo che fa gli eventi, ma che ne è fatto.
Quel tipo d'uomo di cui parlò Joseph De Maistre: «On a remarqué, avec grande raison, que la révolution française mène les hommes plus que les hommes la mènent. Cette observation est de la plus grande justesse… (…) Les scélérats mêmes qui paraissent conduire la révolution, n'y entrent que comme de simples instruments; et dès qu'ils ont la prétention de la dominer, ils tombent ignoblement» (Joseph de Maistre, «La révolution française», 1796).
Se la forza delle cose sarà più forte di lui, ne diverrà il servitore.
E' la sola speranza, per il momento.

Maurizio Blondet

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