martedì, maggio 15, 2007

Come abolire il Grütli, la Marsigliese e altri relitti

AL BANDO LA NAZIONE

Sul Corriere della Sera alla vigilia delle elezioni francesi, Charles Kupchan, definiva populista ( epiteto che sta appena al sopra di fascista) la Segolene Royal perché non aveva saputo sottrarsi alla demagogia patriottica e aveva cantato la Marsigliese.

Che reazionaria! I francesi non lo sanno, ma l’inno nazionale è passato di moda. Almeno il loro.

Già anni fa il cantante franco israeliano Serge Gainsburg, più noto per le peripezie musical sessuali che per talenti vocali, scrisse una canzone in cui sputava ( letteralmente) sulla bandiera francese. Anni dopo ne scrisse un altro che esaltava la stella di davide e la bandiera israeliana. Ci sono inni che vanno e altri che vengono: almeno Gainsburg non lasciava dubbi sul suo senso di appartenenza.

Il sentimento nazionale pare essere legittimo solo per ebrei e americani. Per gli altri, di qualunque paese, Europa, Russia o Giappone, è una tara vergognosa.

La Svizzera, che su un complesso senso nazionale, legato non alla grandeur, non ad un modello particolare di civiltà, non alla potenza militare o coloniale , in altre parole assolutamente non nazionalista nel senso aggressivo o espansionista che l’imbecillità politicamente corretta attribuisce ai nazionalismi , ma alla nozione essenziale ed esemplare di libertà ( che non è ovviamente scindibile dalla sovranità) ha avuto per decenni una scappatoia che le ha permesso di essere un “sonderfall” un caso “diverso” . Non era – la Svizzera - accusabile di nazionalismo violento e per giunta era stata in Europa il paese neutrale più ostile al blocco europeo italo tedesco, mentre altri, Danimarca, Svezia, Portogallo, Spagna, almeno sino al ’43 erano decisamente nazioni vicine alle forte dell’Asse. Modello di convivenza tra etnie germaniche e latine, poteva andare fiera della sua indipendenza, delle sue libertà , delle sue tradizioni conservate gelosamente il più a lungo possibile.

In poche parole poteva far coincidere libertà e nazionalismo, aiutata in questo da un invidiabile status economico, dalle piccole dimensioni che la escludevano dai giochi di potenza anche media, e dalla genetica concretezza del suo popolo.

Sarebbe continuato tutto così se non fossero intervenuti due fenomeni, uno di macro politica, che ha coinvolto tutta l’Europa, e l’altro particolare che ha lasciato attoniti moltissimi svizzeri che restavano beatamente convinti di non poter essere minacciati, non avendo mai minacciato nessuno.

Il primo fondamentale fattore è stato ovviamente il movimento migratorio che oltre a ragioni economiche ( non certo umanitarie, come vien fatto credere agli imbecilli) aveva il preciso scopo di scardinare nei popoli europei il senso nazionale di appartenenza e financo la naturale fraternità etnica per creare la razza meticcia, senza passato e senza storia, unita solo dal “tifo” calcistico o panzane simili. La Svizzera, pur abituata a gestire la normale immigrazione , si è trovata come gli altri paesi confrontata a problemi migratori insolubili, che peraltro la partitocrazia dichiarava pressoché inesistenti. Il popolo ha tentato una reazione ed ecco che anche il tranquillo nazionalismo svizzero – che poi al Grütli si esprimeva simbolicamente soprattutto nella volontà antitedesca della seconda guerra mondiale – è diventato reato.

Il secondo fattore , più particolare ma altamente significativo, è stato il ricatto degli averi ebraici.

Con la nota e devastante campagna stampa ( a tutti i livelli sia in Europa che negliUSA) i mezzi di informazione filo sionisti ( cioè il 90%) il congresso mondiale ebraico su sollecitazione dello stato di Israele ha declassato la Svizzera a paese “complice” del Terzo Reich. Naturalmente la miserrima partitocrazia elvetica si è subito inginocchiata e oltre a sfarsi svenare ( oltre un miliardo di dollari di “risarcimenti” gli svizzeri si sono ritrovati come gli ad aver il “peccato originale” . Avendo “fiancheggiato “l’olocausto” non avevano più diritto ad avere un vero sentimento nazionale.

Mentre a sinistra i rinati partiti comunisti, complici perlomeno morali dei criminali regimi che li ispirano, potevano tornare ad inneggiare i loro delinquenziali idoli rossi,. a destra la sola parola “nazionale” era ormai da scomunica.

Mentre qualunque manifestazione anche violenta delle bande rosse viene fatta accomodare stendendo tappeti, a destra basta che un militare saluti con il gomito appena teso che subito salta fuori la spia socialista che chiama il comandante, in pieno stile Pol Pot, che subito provvede all’espulsione e alla degradazione ( senza neanche rendersi conto che ad essere sempre più degradato è un esercito che ormai nemmeno i giovani nazionalisti se sono intelligenti hanno più voglia di servire. Perché perdere tempo a difendere non la patria ma l’oligarchia?) .

Sul Grütli poi l’atmosfera si è fatta irrespirabile.

Questi lacchè dei padroni mondiali che si sciacquano la bocca con termini come democrazia, libertà di parola e altre panzane, non resistono alla vista che un pugno di giovani non ancora dediti alla cocaina, non emarginati in un “centro sociale” non ridotti a vivere come abbruttiti protagonisti da telefilm americano , abbiano ancora l’idea di considerare la festa nazionale come un’occasione di risvegliare la coscienza della gente, il sia pur vago ricordo che la nazionale non è una squadra di calcio ma un destino comune, un qualcosa da difendere per restare se stessi e non divenire una massa amorfa, meticcia senza passato e senza futuro.

Anche una solo una ventina di questi giovani sul prato del Grütli fa torcere le budella ai partitocrati, li odiano, una caricatura di uomo politico come Samuele Schmid chiese una mezza epurazine nell’esercito, malauguratamente sotto la sua giurisdizione, affinché non fosse neppur pensabile che un giovane nazionalista potesse far carriere nell’esercito.

E il Grütli fu blindato. Festa per pochi intimi, con discorsi insulsi ma mai interrotti dai fischi. Solo moderati e annoiati applausi, fatti per muovere l’aria come le parole degli oratori. Ma non basta.

Ora vogliono abolire le cerimonie del Grütli: vedi mai che arrivi ancora lassù qualcuno che ci crede davvero a rovinare la festa.

E allora un consiglio ai giovani: cercatevi un’altra data, lasciate perdere il primo agosto, che vadano loro a fare i compagni di merenda al Grütli che tanto sedersi sul prato con loro è contagioso, l’esempio è infetto.

Festeggiate qualcosa d’altro , per esempio il 21 giugno il Solstizio d’Estate, il giorno più lungo, la festa del Sole, la festa più antica dei popoli europei. Per male che vada, anche se diluvia, non vedrete il grugno di Samuele e dei suoi balivi. E il non vederli è già una festa.-retelibera-

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