giovedì, novembre 09, 2006



Eccoli i 'mericani!- L'ennesima mancanza di reciprocità. (Daniel Pipes)

Gli Stati Uniti hanno mai ingaggiato una crociata contro l'Islam? No, mai. E c'è di più, uno dei primi documenti diplomatici del paese ricusa questa idea.

Esattamente 210 anni or sono la scorsa settimana, verso la fine del secondo mandato presidenziale di George Washington, fu firmato un accordo con uno degli Stati barbareschi. Inopportunamente titolato "Trattato di pace e amicizia, siglato a Tripoli il 4 novembre 1796 (3 Ramada I, A, H, 1211) e ad Algeri il 3 gennaio 1797 (4 Rajab, A, H, 1211)", esso contiene una straordinaria asserzione di intenti pacifici nei confronti dell'Islam.

L'art 11 del Trattato (che consta complessivamente di 12 articoli) così recita:

non essendo il governo degli Stati Uniti d'America in alcun senso fondato sulla religione cristiana - giacché in sé non nutre alcun pregiudizio di inimicizia contro le leggi, la religione o la tranquillità dei mussulmani – e, dato che i detti Stati [Uniti] non sono mai entrati in alcuna guerra od atto di ostilità con alcuna nazione maomettana, le due parti dichiarano che nessun pretesto derivante da opinioni religiose produrrà mai un'interruzione dell'armonia che esiste tra i due paesi.

Nel giugno 1797, il Senato americano ratificò con voto unanime questo trattato, che il presidente John Adams rese immediatamente esecutivo, divenendo così un'autorevole espressione della politica americana.

Nel 2006, mentre sempre più voci equiparano "la guerra al terrore" a una guerra all'Islam o ai musulmani, si rileva che diversi padri fondatori dichiararono pubblicamente di non nutrire alcuna forma di inimicizia "contro le leggi, la religione o la tranquillità" dei musulmani. Questo vecchio trattato supporta implicitamente la tesi da me sostenuta, secondo la quale gli Stati Uniti non stanno combattendo contro la religione islamica ma contro l'Islam radicale, un'ideologia totalitaria che nel 1796 non esisteva ancora.

Oltre ai rapporti con i musulmani, l'asserzione che "il governo degli Stati Uniti d'America non è in alcun senso fondato sulla religione cristiana" viene utilizzata da 210 anni come testo di prova da parte di coloro che arguiscono in base a un articolo pubblicato nel 1995 da Steven Morris che "I padri fondatori non erano cristiani".

Ma dietro il rimarchevole articolo 11 si cela una curiosa storia. Il testo ufficiale del trattato siglato era in lingua araba e non in inglese. Fu Joel Barlow (1754-1812), il celebre diplomatico che partecipò ai negoziati e che successivamente ricoprì la carica di console generale americano ad Algeri, a curare la traduzione in inglese del trattato, da cui ho riportato sopra il brano riguardante l'art. 11. Il governo americano ha sempre considerato la sua traduzione come testo ufficiale, ristampandolo innumerevoli volte.

Ma il testo tradotto presenta per l'appunto due problemi.

Innanzitutto, come osservato da David Hunter Miller (1875-1961), esperto di trattati americani, "la traduzione fornita da Barlow è al massimo uno scadente tentativo di parafrasare o riassumere il senso del testo in arabo". In secondo luogo, il grande orientalista tedesco Christiaan Snouck Hurgronje (1857-1936), revisionato il testo in arabo nel 1930, lo ritradusse, ma in quella versione non c'era traccia alcuna dell'art. 11. "L'art. 11 della traduzione di Barlow non trova corrispettivo nel testo in lingua araba", egli scrisse. Piuttosto, in questo punto il testo in arabo riproduce una magniloquente lettera indirizzata dal pascià di Algeri a quello di Tripoli.

Snouck Hurgronje liquida questa lettera come "insensata". Essa "notifica la conclusione del trattato di pace con gli americani e raccomanda la sua ottemperanza. Tre quarti della missiva si fondano su un'introduzione, redatta da uno stupido segretario che conosce a malapena un certo numero di ampollosi vocaboli ed espressioni che ricorrono nei documenti solenni, ma che non è riuscito affatto a comprendere il loro reale significato".

Una discrepanza così grande come può continuare ad essere avvolta nel mistero, dopo così tanto tempo? Perché "apparentemente essa deve rimanere tale", così scrisse Hunter Miller nel 1931. "Non c'è nulla nella corrispondenza diplomatica del tempo che faccia luce su quel punto".

Ma l'anomalia del testo ha un significato simbolico. Per 210 lunghi anni il governo americano si è ritenuto vincolato a tenere un comportamento amichevole nei confronti dell'Islam, senza che i musulmani si sentissero tenuti a contraccambiare oppure senza che loro fossero pienamente consapevoli di questa promessa. E così, l'apparente accordo siglato da ambo le parti per far sì che nessun "pretesto derivante da opinioni religiose" produca mai un'interruzione dei rapporti armoniosi si rivela essere un mero impegno unilaterale americano.

E questo impegno a senso unico continua ancor oggi. L'amministrazione Bush non ha reagito con ostilità nei confronti dell'Islam agli atti di aggressione gratuita sferrati da parte dei musulmani, bensì con offerte di aiuti finanziari e con tentativi di democratizzare il mondo musulmano.

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