venerdì, ottobre 27, 2006

Lapidazione: in alcune culture la storia non cambia!



La settimana scorsa ad Al Qaim una ragazza di ventidue anni accusata di adulterio è stata condannata a morte e lapidata in pubblico. Al Qaim è una località dell’Iraq che si trova a trecento Km circa da Bagdad. Il film del regista Martinelli, “Il mercante di pietre”, mostra, tra le altre immagini, quella di una lapidazione. Immagini vere. Non ricostruzioni cinematografiche. La pellicola ha suscitato polemiche e giudizi di vario genere. Personalmente ritengo che rappresenti un forte atto di accusa non solo contro l’integralismo ed il fondamentalismo, ma anche contro l’Islam in quanto tale, religione che lascia troppo spazio a letture e interpretazioni francamente inaccettabili. Ci sono troppi “mercanti di pietre” in giro nel mondo che concepiscono ed attuano attentati, troppi kamikaze e troppi lapidatori. Troppi fanatici che aprono scuole coraniche e madrasse non soltanto in paesi del Medio Oriente e del lontano Oriente, ma anche nel cuore del nostro Occidente. Il cosiddetto imam di Segrate, Abu Shwaima, in un’intervista rilasciata a il Giornale martedì 17 ottobre, ha affermato: “l’Islam tra dieci anni sarà nel cuore degli italiani, se i veri musulmani faranno il loro dovere di mostrare il vero volto dell’Islam: quello della pace e del dialogo. L’Islam sarà così chiaro che saranno le persone a volersi convertire, è solo questione di tempo. Dio ha promesso che in ogni casa entrerà l’Islam con i suoi principi e fondamenti, e la minoranza non può nulla contro la forza di Dio. L’Islam è il bene, per questo dominerà il mondo”. Il singolare imam, protagonista dell’aggressione all’onorevole Santanchè, ha altresì affermato nella stessa intervista che “è difficile che chi conosce la chiarezza dell’Islam possa lasciarlo: non si può negare l’evidenza. E per chi lo fa il Corano dice che andrà all’inferno. Abbandonare l’Islam in uno stato islamico equivale ad alto tradimento”. Oltre a questo cosiddetto imam ve ne sono molti che agiscono in Italia in scuole coraniche o in istituti che dovrebbero istruire i ragazzi e dove probabilmente si alimenta la mala pianta del fondamentalismo e dell’estremismo. Si discute se sia opportuna una legge sull’uso del velo. Probabilmente no. Ma bisogna ricordare che in Italia esiste sin dagli anni Settanta una norma che impedisce di girare con il volto coperto. Invocare il diritto di farlo per ragioni religiose non è possibile. Si potrebbe con questo pretesto rapinare più agevolmente una banca o pretendere di introdursi senza farsi riconoscere in aeroporti o pubblici uffici. Non è ammissibile. Ho visto con grande tristezza questa estate sul Corriere della Sera la fotografia di una famiglia egiziana ripresa mentre otteneva in un piccolo comune della provincia di Parma la carta di identità e la cittadinanza italiana. La madre indossava il niqab, un velo islamico che copre tutto il volto, con una piccola feritoia per gli occhi. Ha fatto male quel sindaco a consegnare la carta d’identità a chi violava in maniera così palese la legge dello Stato e la dignità della donna. Non si vuol fare una legge? Ma non si tollerino le imposizioni alle donne. I veli che coprono il volto non sono ammissibili, mentre la copertura del capo non deve essere comunque imposta alle donne come simbolo di inferiorità e di sottomissione. Dire queste cose con chiarezza non vuol dire offendere la religione altrui, ma difendere principi di libertà e di tolleranza che sono alla base della nostra democrazia e della nostra civiltà. Sconcerta il silenzio delle femministe che per tanti anni hanno urlato in Italia. Di fronte alle lapidazioni o all’esecuzione di ragazze pakistane come la giovane Hina, massacrata dal padre perché non aveva accettato un matrimonio imposto, troppe donne a sinistra hanno taciuto. Evidentemente hanno una strana concezione dei diritti e praticano un uso strumentale delle battaglie per tutelarli. Non dobbiamo rimanere schiavi del politicamente corretto. Personalmente, tornando al film di Martinelli, l’ho definito come un sasso lanciato in una vetrina. Certamente alimenta discussioni, ma è un’opera utile per capire che stiamo parlando non della tutela del diritto a praticare una religione, ma dell’espansione di pericolose forme di integralismo e di intolleranza. La pellicola ha potuto circolare poco nelle sale, perché chi la doveva distribuire probabilmente ha avuto paura. Attendiamo intanto che si chiarisca il ruolo dell’Ucoii, con generosità ammessa nella Consulta per l’Islam italiano ed oggi riluttante di fronte all’assunzione di impegni chiari contro ogni forma di discriminazione. Questa cosiddetta Unione delle comunità islamiche alimenta un’interpretazione estremista del Corano, quella del fratelli musulmani. Il linguaggio, i comportamenti, non appaiono compatibili con la democrazia. Non bisogna alimentare scontri di civiltà? Certamente. Ma la responsabilità ricade in primo luogo su chi vuole sfidare la nostra civiltà, la nostra democrazia, la nostra libertà. Non possiamo assistere al rito quotidiano della Chiesa e addirittura del Santo Padre che devono scusarsi con l’Islam. Nessuno deve essere offeso, ma noi non possiamo essere umiliati e mortificati. La politica deve reagire. Anche noi siamo chiamati a difendere la nostra tradizione e la nostra religione. Sono sbagliate le leggi che la sinistra vorrebbe approvare per concedere con tempi troppi rapidi e senza le opportune garanzie la cittadinanza a chiunque arrivi in Italia. Sono sbagliate le azioni di sabotaggio alla legge Fini-Bossi sull’immigrazione, che alimentano lo sfruttamento, le tragedie, le tensioni. Sono sbagliate quelle sentenze che hanno mostrato arrendevolezza nei confronti del terrorismo, e che finalmente successivi gradi di giudizio stanno cominciando a correggere. Non dobbiamo chinare il capo di fronte a chi vuole nascondere il volto delle donne e imporre intolleranza e fanatismo.

Autore: On. Maurizio Gasparri

Nessun commento: